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I punti vendita fisici, soprattutto per i consumatori italiani, non perderanno di interesse. Ma, per categorie come l’abbigliamento e l’elettronica, potrebbero diventare più degli spazi di showroom. Si va verso un’integrazione in loco di modalità online e di tecnologie

Enrico Cosio, partner Deloitte

Intervista a Enrico Cosio, retail, wholesale and distribution sector leader, partner Deloitte

Partiamo dall’attualità. Un colosso come Inditex ha annunciato la chiusura di 1.200 negozi nel mondo e contestualmente forti investimenti sull’online. In generale, come conseguenza del Covid-19, dobbiamo aspettarci in Italia un taglio dei punti vendita da parte dei principali operatori internazionali del fashion (e non solo)?

In questo momento, i clienti stanno tornando a fare acquisti con modalità e velocità diverse, la domanda per l’apparel & accessories sta lentamente tornando a crescere, di pari passo con uno stato d’animo più ottimista e sicuro. Nei prossimi mesi, in un new normal regolato da distanziamento sociale e protocolli sanitari, il mondo online, dai social agli store virtuali, diventerà sempre più importante per i brand per rimanere in contatto con i consumer, ascoltare la loro voce e costruire strategie di go-to-market che consentano di non rinunciare all’esperienzialità che ha sempre caratterizzato il mondo del fashion. In generale, però, i negozi fisici, soprattutto per i consumatori italiani, non perderanno interesse. Ma, per categorie come l’abbigliamento e l’elettronica, potrebbero diventare più degli spazi di showroom, in cui poter visionare il prodotto e testarne le caratteristiche procedendo poi all’acquisto online con consegna a domicilio. È probabile che, più che a una riduzione della numerosità dei punti vendita, si assista a un’integrazione in loco delle modalità online e delle tecnologie, per dare vita a degli spazi omnichannel veri e propri.

Negli scorsi mesi l’eCommerce è cresciuto addirittura a tripla cifra, anche se la fine del lockdown ha riportato l’attenzione sui negozi fisici. Qual è stato l’andamento dei consumi, tra on e offline, nelle prime settimane di riapertura?

La situazione di lockdown alla quale i consumatori sono stati sottoposti ha portato a un cambiamento repentino delle proprie modalità di acquisto. L’uso del canale online, infatti, ha visto una crescita vertiginosa, passando da una situazione in cui i pattern di acquisto erano prevedibili e per la maggior parte in-store a un’altra in cui anche la popolazione più anziana utilizza il web con disinvoltura. Tuttavia, con la riapertura dei negozi, la situazione si è ri-bilanciata. Con la Fase 3 ufficialmente iniziata, il 56% degli italiani si sente sicuro a recarsi in negozio, più del doppio rispetto al mese di aprile. Grazie al nostro Consumer Tracker, infatti, abbiamo potuto verificare l’andamento delle scelte dei canali di acquisto per una serie di categorie di prodotto e, secondo gli ultimi rilevamenti di giugno, gli store fisici vengono scelti da una media del 57% dei consumatori contro un 21% che preferisce il canale online. Il 22% propende, invece, per un utilizzo ibrido in-store-online. Sono soprattutto i prodotti di elettronica, i libri e l’abbigliamento a registrare i valori più alti negli acquisti online, mentre grocery e household good restano categorie fortemente legate al negozio fisico.

Come cambieranno i negozi in termini di servizi per realizzare quel concetto di omnicanalità di cui si parla da anni e che potrebbe vedere adesso una forte accelerazione?

L’omnicanalità e un approccio agile nell’acquisto renderanno possibile bypassare quei limiti imposti dal distanziamento sociale e dalle norme di sicurezza e igiene che dovranno esser implementate nei prossimi mesi, permettendo ai consumatori di effettuare acquisti in sicurezza senza rinunciare all’esperienza. Già alcuni store in questo momento stanno sperimentando il servizio di concierge, che prevede visite guidate in negozio su appuntamento con personale interamente dedicato al singolo consumatore, preceduti in alcuni casi dalla visualizzazione dettagliata del prodotto online. In generale, ci sarà un orientamento a fornire servizi sempre più tailorizzati e on demand, offrendo il giusto mix di modalità di fruizione online e offline, sfruttando la tecnologia per riuscire a rispondere alle nuove esigenze di salute e sicurezza ricercate dai clienti.

Eugenio Puddu, partner Deloitte

Eugenio Puddu, consumer products sector leader, partner Deloitte

Molte catene del food retail stanno completando la riapertura dei propri ristoranti, ma alcune hanno già ripreso anche lo sviluppo vero e proprio. Superata questa fase iniziale, il food tornerà a correre come prima del Covid con nuove aperture, nuovi formati e nuovi investimenti?

Il contesto in cui i food retailer sono tornati a operare dopo il lockdown è mutato profondamente. A un mese dalla riapertura delle attività ristorative, il 36% degli italiani afferma di sentirsi sicuro ad andare al ristorante: un dato in leggera crescita rispetto a fine maggio (31%), a conferma che il ritorno alla normalità per il comparto sarà graduale. In questo scenario, l’innovazione dei formati può giocare un ruolo centrale per la ripresa. Proprio in questi mesi, alcuni operatori del settore hanno investito in soluzioni ad alto contenuto tecnologico, che abbracciano i trend di innovazione nell’ambito FoodTech. Tra queste spiccano le ghost kitchen, un modello di ristorazione nativo digitale che unisce la produzione di qualità al delivery, lasciando da parte il consumo in loco. In vista del rientro in azienda, sono state ideate anche soluzioni contactless per facilitare la fruizione di servizi aziendali come la mensa.

Umberto Mazzucco, partner Deloitte

Umberto Mazzucco, transportation, hospitality & services sector leader, partner Deloitte

Tema travel: durante il lockdown la propensione degli italiani a organizzare un viaggio in vista delle vacanze era molto bassa. Con l’arrivo dell’estate e i dati del contagio in netto miglioramento (almeno in Italia e in buona parte d’Europa), il dato sta tornando verso valori più standard?

Con l’avvicinarsi dell’estate e la crescente preoccupazione di aziende e cittadini su come affrontare la ripresa e adattarsi a una “nuova normalità”, l’intero settore del turismo e dell’hospitality continua a interrogarsi sulle nuove aspettative dei turisti, sia italiani che stranieri, che si apprestano ad affrontare questa difficile stagione. Bisognerà aspettare ancora qualche settimana per parlare di ritorno ai valori standard, in un contesto di parziali riaperture dei confini e la ripresa della libera circolazione delle persone in Italia e nell’area Schengen, in questo momento gli italiani restano cauti. Quello che emerge dalle più recenti rilevazioni del nostro Consumer Tracker, è una forte attenzione dei cittadini alla salute e alla sicurezza: il 42% mostra preoccupazione per la propria salute e il 53% dichiara di preoccuparsi per il benessere dei propri familiari. In questo momento infatti, solamente il 28% degli italiani si sentirebbe sicuro a volare e il 35% si sentirebbe sicuro a soggiornare in hotel. In generale, la propensione a tornare a organizzare vacanze e a viaggiare rimane lontana dai valori pre-Covid: ad oggi solo il 23% degli italiani è attivamente alla ricerca di occasioni per prenotare hotel e voli. Purtroppo, non sono solo i nostri connazionali a sentirsi poco sicuri a pianificare vacanze; se si osservano i dati degli altri paesi coinvolti nell’indagine, il sentiment è piuttosto allineato intorno a una media del 21%. La Cina, come prevedibile, risulta essere il paese con un livello di sicurezza percepita maggiore.

Infine, il settore degli shopping mall negli USA, già in forte difficoltà prima dell’arrivo del Covid, sta soffrendo ulteriormente a causa della pandemia. Dato il vostro osservatorio internazionale, il fenomeno dei dead mall potrebbe espandersi ulteriormente in America e raggiungere l’Europa 
e l’Italia?

E. C. Prima della pandemia Covid-19, i centri commerciali stavano già vivendo un momento di crisi per via della difficoltà a tenere il passo con i cambiamenti dei gusti dei consumatori e la crescente sfida posta dall’online. Sempre più brand che hanno fatto storicamente affidamento sui centri commerciali hanno scelto di investire nell’apertura di nuovi flagship store e nello sviluppare i propri website per vendere in maniera diretta ai propri consumatori. I centri commerciali sono stati dunque portati a investire in pratiche volte a riconquistare i clienti. Purtroppo, nel tentativo di arrestare la diffusione del virus, questi negozi sono stati chiusi e per molte catene non ci sono certezze su quando e come riapriranno. La situazione è critica sia in America che in Europa, poiché, per cercare di recuperare le perdite, i grandi magazzini così come altre tipologie di store con problemi di liquidità pregressa avranno bisogno di un’iniezione di fondi non solo nel breve periodo ma anche nei prossimi mesi per consentire di reinvestire nelle loro attività e tentare di aumentare le vendite.

Di Andrea Penazzi

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